Friday, November 3, 2017

Perchè scrivere ancora romanzi nel 2017?



 Perchè scrivere ancora romanzi nel 2017?



Perché scrivere un romanzo nel 2017?

In un’epoca di consumo compulsivo di frammenti di video e testi, forse quella del romanzo resta la forma espressiva, insieme ai serial tv, in grado di convincere una persona ad immergersi per più ore di fila in un flusso spaziotemporale di pura fantasia, invitandola a contribuire all‘evocazione di un mondo narrativo ed emotivo che non svilisca ma esalti la sua immaginazione e la sua sensibilità. Trovo che la sua articolata irrealtà sia un ottimo antidoto alla caotica pseudo-realtà della rete.

A cosa allude il titolo “Balia Bufera”?

Ancor prima di cominciare a scrivere avevo in mente un paio di titoli che alludevano alla neve, al tema della prima infanzia e alle tormente. Dopo aver scritto il primo capitolo e aver definito con esattezza l’intreccio, mi resi conto che la personificazione della Bufera assimilata ad una balia che nutre e protegge una nuova vita esplicava in due parole, in senso tanto metaforico quanto letterale, i concetti su cui ruotava l’intera vicenda.


Chi sono i protagonisti del romanzo?

La storia viene narrata in prima persona da Patrizio, ventenne insicuro cresciuto dagli zii materni dall’età di tre anni, quando la madre decise di rifarsi una famiglia all’estero, traumatizzata dalla fuga del padre avvenuta pochi mesi prima della sua nascita. Patrizio non ha mai creduto fino in fondo alla versione dello zio Leonida, a detta del quale il padre si era sottratto alle sue responsabilità di genitore, mentre la madre s’era già invaghita di un altro quand’era incinta. Privo di punti di riferimento e di veri amici, una volta diplomato Patrizio s’illude di poter cambiare vita iscrivendosi ad un corso di ingegneria informatica. Ma l’impossibilità di pagarsi gli studi lo spinge quasi per caso ad unirsi a Tonio e Fabiano, due giovani ladruncoli per i cui furti si presterà a fare da palo nella convinzione di racimolare i fondi necessari a finanziare il corso. Il brivido della vita criminale lo porterà tuttavia a perdere il contatto con la realtà. Così Patrizio prenderà coscienza della sua alienazione solo al momento di finire in carcere e in seguito in una casa famiglia isolata su un altipiano. Un luogo reso ancor più misterioso dalla vicinanza a Monte Crura, un borgo all’apparenza disabitato dove incontrerà una ragazza a sua volta confinata in una prigione fisica e mentale.

Si tratta di un thriller, un fantasy, o di una favola per adulti?

Non inizio mai a scrivere cercando di restare dentro il recinto di un genere o pensando all’età ideale dei lettori. Di solito pianifico un romanzo solo quando ho raccolto una serie di immagini e di idee dalla cui associazione sia possibile ricavare un’atmosfera e una tensione tali da tenermi incollato alla tastiera alla stessa maniera in cui sono convinto il lettore possa restare catturato dal libro finito.

Chi sono gli autori e i luoghi che hanno influenzato il romanzo?




Oltre ai ricordi d’infanzia dell’altipiano innevato di Quarto Santa Chiara in Abruzzo, le prime immagini che mi hanno spronato a scrivere “Balia Bufera” sono state le illustrazioni dell’olandese Rien Poortvliet, l’autore della celebre serie di libri sugli Gnomi. Ho sempre pensato che quelle visioni potessero esprimere una qualità drammatica e fatidica se calati in un contesto realistico e familiare come quello dell’inverno dell’appennino abruzzese, e ancor di più se sovrapposti alle suggestioni dei racconti di un autore gotico come Arthur Machen, il cui racconto “il popolo Bianco” ha rappresentato un importante fonte d’ispirazione per il romanzo.

La storia di Balia Bufera è limitata alla forma letteraria?

La storia di Patrizio, della casa famiglia di Santa Pelva, di Monte Crura e dei suoi enigmatici abitanti è l’estuario finale di un ampio numero di affluenti visivi e letterari, quindi non è affatto escluso che possa estendersi o proseguire in altri codici artistici, primo tra tutti quello cinematografico. In simultanea alla scrittura del romanzo ho infatti realizzato una sceneggiatura ideata in funzione delle locations di Pescostanzo e dell’altipiano di Quarto Santa Chiara, un metodo che mi ha permesso sia di consolidare il realismo del romanzo che di porre le basi per una seconda vita dell’opera. Che è poi uno dei significati nascosti nel titolo e nella trama del romanzo. Perché ad ognuno spetta una seconda opportunità dopo esser stati in balìa della bufera.


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